Andrea Bellini
Luca Cerizza
Caroline Corbetta
Andrea Lissoni
Paolo Parisi
Not with a bang but a whimper
Luca Cerizza
Apparentemente è una questione da poco. Apparentemente. Perchè soprattutto oggi, attraversati e accecati da una quantità esorbitante d’immagini, forme e parole, avere il coraggio di stare (quasi) in silenzio, è una gran forma di resistenza. Addirittura un atto politico. Se non fosse termine troppo abusato, potremmo parlare di leggerezza, di questa capacità di sorpassare la prosa della realtà per cercarne una qualche essenza, la sintesi impronunciabile, e certo incompiuta, dell’infinita molteplicità dei fenomeni. La sottile tensione che scorre sotto le apparenze. Qualcosa di difficile da dire.
Questo testo è infatti, per sua stessa natura, un fallimento. Non credo ci sia modo di dire quel (quasi) nulla che questi artisti mettono in scena. Quella che segue è un’approssimazione per dovere d’ufficio.
Cinque artisti, allora, ma potrebbero essere molti di più, che portano avanti una lunga tradizione di arte italiana alla ricerca costante di quel significante minimo. É un continuo, rigoroso tentativo di riduzione, per arrivare ad una forma di densità; è lo sforzo di registrare un fenomeno, un attimo significante nell’apparente insignificante fluire della realtà. Una questione di sintesi e controllo. Se la parola “epifania” ha un retrogusto leggermente mistico, l’ambizione è comunque quella d’individuare, registrare o ricreare quell’attimo effimero e sorprendente, quell’incrinatura in cui la realtà scopre un suo senso “altro” e rivelatore.
Che quel momento sia solo registrato, ricostruito, o creato dal nulla, poco importa: questi artisti condividono il desiderio o la necessità di fare con poco. Se la vista è attenta, la realtà è già un perfetto ready-made. Quasi tutto è nella scelta iniziale, nella presa che lo sguardo esercita sul mondo. Spesso basta prelevare dei particolari rivelatori, ri-metterli in scena, porli in dialogo tra loro, per trovare l’attimo perfetto tra qualcosa e nulla, tra gesto e silenzio, tra l’opera e il suo contesto.
Questi sono per lo più frammenti, immagini lente e stranianti, pervase a volte da qualcosa d’ipnotico: non comunicano frontalmente ma con una specie di riverbero, un’eco che si espande nel tempo. Il resto dobbiamo farlo noi, costruendo la trama di questi dettagli.
Per alcuni anni Alex Cecchetti ha raccolto da fotografi, osservatori e scienziati, numerose immagini del fenomeno del “miraggio superiore” nel sole che tramonta. Rimontate insieme e velocizzate in un video (One Day Old, 2008), costruiscono un unico ipnotico loop dall’umore apocalittico. Le immagini del sole distorto diventano materia sfuggente, la vibrazione che definisce l’orizzonte di un futuro incerto. Come per tutto il lavoro di Cecchetti, è un’altra immagine della nostra continua lotta per la sopravvivenza.
Utilizzando, con assoluta libertà, linguaggi diversi come scultura, installazione, fotografia, video e suono, il lavoro di Christian Frosi mette in scena un mondo di forme e immagini definiti nella loro estrema indeterminatezza, leggerezza e mutabilità. I fenomeni naturali, com’è il caso in alcuni suoi lavori recenti, sono utilizzati come metafora di adattabilità e metamorfosi, come ipotesi di libertà. Sono immagini di una società a venire, costruita su relazioni più dirette tra individuo e individuo, tra individuo e natura.
Una specie di osmosi tra opera e contesto, è tipica anche del lavoro di Alice Cattaneo. I suoi interventi installativi, veloci inserzioni nello spazio architettonico, usano materiali poveri e leggeri, qualcosa che potrebbe essere stato trovato tra gli scarti di un negozio di bricolage. Come piccole esplosioni di materia, esercizi di equilibrio e tensione tra i muri di un edificio, le installazioni di Cattaneo segnano un momento di energia cristallizzata, una precarietà che è diventata forma per l’anomalia di una legge fisica. Ironici e surreali, i suoi brevi video sono come degli Haiku visivi; appunti sintetici che rivelano sensi nascosti nei dettagli del quotidiano. In entrambi i casi, insomma, è un tentativo di creare nuove relazioni tra le pieghe del reale.
Ancora è una storia di frammenti, una questione di dilatare il senso e la forza di un’immagine. I video e le video-animazioni di Farid Rahimi, sono pervasi da un clima di sospesa e sottile tensione. Lavori come F…..H (2007) o Devero (2006) sono micro-storie dal tono elusivo e misterioso, possibili frammenti di più lunghe narrazioni ancora a venire, al limite tra noir e grottesco. Altri linguaggi, come la video animazione e, più recentemente, la pittura, sono trattati da Rahimi come declinazioni attuali di un’antica tradizione di documentazione del paesaggio. Il loro tempo sospeso, indefinito, interroga la nostra percezione temporale, i meccanismi stessi della visione e della rappresentazione. Ridotti ai suoi principi formativi, alla sintesi estrema dei loro elementi, i lavori di Rahimi sono riflessioni sulla nostra relazione con le immagini e con la loro (in)capacità di rappresentare il reale.
Anche Danilo Correale, l’artista più direttamente politico tra questi, usa sintetiche forme di prelievo dalla realtà per manifestare il suo interesse per forme alternative di aggregazione sociale. Fotografia, grafica e installazione sono gli strumenti privilegiati di un’indagine sul reale che guarda a fenomeni storici e politici. I suoi interventi nel o i suoi prelievi dal tessuto urbano, sono forme di partecipazione critica alla società, isole di resistenza alle sue forme di omologazione e controllo.
Su un muro di un edificio di Milano in via di demolizione, è stata dipinta la parola “revolution”. Correale ha fatto di quell’immagine un poster a tiratura illimitata, da portare via all’uscita di questa mostra. Anche la rivoluzione può pesare pochi grammi solamente.
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